Note sulla Chiesa di San Bartolomeo da Ettore Barnao

La chiesa di San Bartolo

Non si hanno dati certi relativi alla costruzione delle prime chiese dell’isola di Stromboli. Riguardo a S. Bartolo si sa che nel 1811 venne effettuata la prima visita pastorale quando era vescovo di Lipari Silvestro Todaro.
Le prime chiese (quella di S. Vincenzo e quella di S. Bartolo a Stromboli e quella di S. Vincenzo a Ginostra), nate nel ‘700, erano piccole e essenziali. Poi, durante tutto l’800, si realizzò nell’Isola un notevole sviluppo della marineria e di attività ad essa connesse; la popolazione di Stromboli crebbe sempre di più fino a raggiungere il suo massimo nel 1891 con 2716 abitanti. Gli strombolani costruirono allora nuove chiese più grandi e più belle che definirono nei decenni successivi.
Le chiese dell’Isola furono innalzate, pietra su pietra, col contributo di tutti i suoi abitanti. Ognuno offriva quello che poteva: danaro, lavoro, attrezzature, materiali. Chi non aveva altro da offrire, ogni domenica prima della messa, portava un cesto di pietre. Perché tutti vollero contribuire alla loro costruzione. Così nacquero le nostre chiese.

Migliaia di persone, sparse per il mondo, hanno le loro radici a Stromboli. Molti ritornano per cercarvi un segno dei loro antenati, una casa, una tomba. Ma spesso non riescono a trovare più alcun segno. Il tempo purtroppo ne ha cancellato la memoria. Solo le chiese rimarranno per sempre come segni visibili lasciati da quegli antenati. Certamente segni della loro capacità di realizzare opere sontuose, con unità di intenti, con la partecipazione di tutti, per amore della loro Isola; ma anche segni di devozione di una comunità che conosceva i pericoli del vulcano e della vita per mare e confidava nell’aiuto di Dio. Perciò queste chiese ci impongono un grande rispetto. La loro vita fin dalle origini ha accompagnato la vita degli strombolani. Ad esse sono sempre rimasti spiritualmente legati anche quando ne erano lontani.

Le attuali chiese sorgono imponenti dove nacquero le prime chiesine, generate da quelle. La loro costruzione si realizzò nell’arco di diversi decenni. Attraverso varie fasi di ampliamenti, ristrutturazioni, decorazioni sono giunte fino a noi dopo avere subito tante volte danni provocati dal tempo, dagli scoppi del vulcano, dai terremoti, risorgendo ogni volta sempre più belle. Le chiese trasmettono anche la memoria degli avvenimenti più disastrosi: le lapidi ne ricordano l’anno, i danni subiti, la generosità e la devozione del popolo che le ricostruì, il nome del parroco e del vescovo del tempo.

L’Arciduca Luigi Salvatore d’Asburgo, nel suo volume su Stromboli pubblicato nel 1896, fornisce alcune notizie utili sulle chiese dell’Isola, e una loro descrizione sulla base della sua personale osservazione. Qui di seguito, riporto per intero la sua descrizione della chiesa di S. Bartolo. A partire da essa si possono raccontare le principali vicende che hanno caratterizzato la storia di questa chiesa.


… su un modesto poggio, si erge, veramente imponente, la chiesa nuova di San Vartulumeu, costruita a forma di croce, con l’abside caratterizzata da una nicchia, già consacrata. Tre archi su ogni lato e uno verso il transetto, separano le navate laterali. In centro dovrebbe essere eretta una cupola. L’ingresso, sormontato da una finestra, è contornato di lava nera e porta l’iscrizione “Viva S. Bartolomeo 1893”. Ad esso si arriva attraverso quattro gradini di lava da Brunzu, mentre altri quattro conducono alla porta laterale di sinistra.
Dietro la chiesa nuova, sorge la vecchia chiesa di San Vartulumeu, piccolae con un campanile a piramide sul lato sinistro, dipinto a colori di dubbio gusto; essa mostra ai lati della facciata, dei pilastri anch’essi piramidali ed una porta quadrata, sormontata da una finestra della stessa forma. All’interno si riscontra una semplice volta a botte che ha riportato diverse lesioni durante l’ultimo terremoto; sopra l’ingresso c’è un ambone, a destra il battistero, ai lati quattro altari e in fondo l’altare maggiore ornato di una statua lignea di San Bartolomeo. Attigue alla chiesa, sulla sinistra si trovano la sacrestia e la cappellania. Davanti si apre una terrazza quadrata contornata di “bisola” e dalla quale si accede, attraverso due gradini, a una terrazza più grande, che ha anch’essa “bisola” lungo il muro.
Quando sarà ultimata la nuova chiesa non si farà più uso di quella vecchia, già parecchio danneggiata; allo stato però mancano i mezzi per completare questa nuova costruzione.

Ai tempi dell’Arciduca, quindi verso il 1896, la vecchia chiesa di San Bartolo era ancora in uso sebbene «parecchio danneggiata». La nuova chiesa «veramente imponente» presentava già la navata centrale, le due laterali, il transetto e l’abside. I lavori furono interrotti per mancanza di «mezzi».
Nella descrizione dell’Arciduca non si fa alcun cenno né del campanile né dell’ambone sopra l’ingresso, e nemmeno della canonica. Una lapide ricorda che il terremoto del 1908 danneggiò gravemente la chiesa: «templum… furente concussione anni MCMVIII quassatum». Pare che la chiesa fosse già completata al tempo di quel terremoto e che sia stata poi restaurata e fatta più bella («admodum… instauratum ornatunque splendidius») dalla devozione del parroco e dal denaro e dai voti del popolo («Rev. Par. Hieronjmi Cincotta pietate populique aere ac votis») e infine consacrata nel 1928 dal vescovo di Lipari Salvatore Bernardino Re. La balaustra dell’altare maggiore, l’acquasantiera di marmo all’ingresso, il portone principale e quasi tutti gli altari minori, le statue e i quadri portano i nomi delle persone che ne fecero dono.